E un'altra giornata è passata... sono quasi le 22! Stamattina io, l'Elix, la Kia e Maya siamo stati a ripulire il piazzale dove si è svolto il concerto di Lella, riesumando reperti interessantissimi (pile, ketchup, metadone, pezzi di fiaccola, lenti di occhiali, occhiali interi, chupachupa, patate fritte spiaccicate, gran bicchieri e tappini, qualche chiodo). Speravamo di rivedere Lella ma non c'era :( A pranzo siamo rientrati tutti al campo: 35 gradi e aria ferma, da impazzire! Con questo clima abbiamo cantato e fatto il ritiro, con abbondanti pause pisolino. Alle 4.30 poi, con la guida di Simo ed Eleonora, una ragazza di qui, siamo partiti alla volta del centro dell'Aquila.
L'effetto è pazzesco.
La città è ferma, completamente. Anche i pochi turisti camminano in silenzio, e l'eco dei passi rimbalza contro le facciate in rovina degli edifici. Ai lati del corso si aprono scorci di vicoli incarcerati dalle recinzioni e sorvegliati da militari. Alcuni negozi sono aperti, ma della maggior parte non restano che le insegne, e cumuli di macerie dietro ai vetri sporchi. A camminare tra le inferriate incastonate di chiavi, foto, messaggi, sembra di risvegliare un dolore troppo antico, un dolore sordo, lontano, di un gigante rassegnato. L'Aquila è simbolo della nuova Italia, incapace di stare al passo coi tempi, ancorata a un passato che non sta su e vittima di un governo che fa i suoi porci comodi, una città in cui la ribellione è scritta e cantata, ma non attuata. Quante L'Aquila dovranno esserci prima che cambi qualcosa?
Diva
Stamattina, forse per la stanchezza, il lavoro è stato pesante, soprattutto perché ci sembrava di essere inutili: altri erano già passati prima di noi a raccogliere il grosso (anche se il giardinetto di fianco alla piazza era un vero porcile). Siamo entrati anche nella chiesa, fatta costruire da Celestino; è molto luminosa, quasi troppo: la cupola è caduta durante il terremoto e al suo posto c'è un tetto trasparente.
Abbiamo fatto il giro della città: anche se ce l'aspettavamo è stato comunque uno shock. La città, la strada, le case, sono in gabbia, tenute su da travetti d'acciaio, come se fossero impacchettate. I marciapiedi non ci sono perché delle transenne delimitano la strada da entrambe le parti, in modo che l'eventuale caduta di calcinacci non causi disastri. Il problema è che la ricostruzione della maggior parte degli edifici non è ancora iniziata; inoltre, è stata prevista un'altra forte scossa, a breve: in quel caso i puntelli non sarebbero sufficienti e gli edifici crollerebbero del tutto. Adesso la maggior parte delle facciate è integra, ma ci hanno detto che in molti casi dentro è crollato tutto; alcune case poi sono impressionanti, si vedono i mobili all'interno, in una di esse si vedeva tutto, il bagno al secondo piano con tanto di phon e beauty-case rimasti lì dal 6 Aprile 2009. La città sembra rimasta paralizzata da quel giorno: si vedono ancora le locandine di film e concerti che risalgono ad un anno fa. Abbiamo visto la casa dello studente. O meglio, non l'abbiamo vista. Non ne rimane più niente: solo spranghe di ferro piegate che escono dalle case a cui era attaccata, e le foto dei morti sulle transenne.
BenTen
Ore 0.50: Oggi sveglia alle otto, e quindi siamo tutti un po' più riposati. L'attività della mattina è stata togliere le erbacce tra i sampietrini di una strada di Lucoli. Nessuno dei ragazzi è riuscito a capirne l'utilità, ma nonostante questo è stata una mattinata interessante perché ho avuto l'occasione di parlare anche con altri ragazzi. Nel pomeriggio, dopo l'incontro tra di noi, siamo andati a fare un giro per L'Aquila. E' veramente sconcertante il panorama cittadino: quasi tutti gli edifici sono crepati, con transenne ed impalcature che li circondano. Attaccati alle impalcature sono fissati vari cartelli con proteste per i lavori evidentemente bloccati e il modo in cui è stata, e viene ancora, gestita questa terribile situazione. Lungo buona parte del tragitto ci hanno seguito alcuni cani che sono stati abbandonati o che hanno perso il loro padrone dopo il terremoto. Questa è una delle tante piccole cose che marcano il fatto che è accaduta una tragedia e che mi ha colpito. Non vedo l'ora di fare i giri per parlare con gli aquilani e sentire la loro storia, sentire parlare della loro città.
Rain
Dato che della mattina vi ha già parlato la Diva, io vi parlerò del pomeriggio. Siamo andati a visitare il centro dell'Aquila, siamo stati guidati da Eleonora, una ragazza aquilana di 14 anni. L'impatto che si ha entrando nell'unica via percorribile del centro storico è di una città fantasma, le uniche persone che si incontrano sono turitsti, militari e cani randagi. Gran parte degli edifici sono inagibili e tenuti fermi con cinghie, i negozietti aperti sono pochi. La cosa che più mi ha colpito è stato il fatto di vedere più di trecento chiavi delle case crollate appese a delle grate. Eleonora mi ha fatto vedere la chiave di casa sua, e mi ha raccontato che era stata costruita su una faglia. Su queste grate erano appesi cartelloni, poesie, foto etc. L'edificio che mi ha maggiormente colpito è stato la casa dello studente, dove si vede proprio un buco nel terreno e i muri delle stanze crollati. Nelle stanze, ci sono ancora gli armadi, i quadernoni, i letti. La cosa più strana è il fatto che, guardandomi intorno, cerco qualcosa, un segno, che in qualche modo mi renda partecipe del dolore che io non ho provato in prima persona, ma che in qualche modo ci accomuna tutti e questo ci rende più uniti.
Elix